Sul delicato tema dell’arrivo dei migranti a Chiavari, abbiamo voluto prenderci qualche giorno di tempo. Lo abbiamo fatto perché l’argomento è complesso e le istanze sono variegate. Nell’attesa, abbiamo ripercorso le dichiarazioni dell’attuale sindaco Marco Di Capua, rese prima e dopo la campagna elettorale.

Vogliamo qui riproporre il florilegio del suo pensiero.

 

16 Maggio 2017, intervista a Telepace: «Si tratta di un problema europeo e nazionale malgestito. Il Comune non può prendersene carico. Sono contrario agli Sprar, perché caricano il Comune, e sono contrario anche ai Cas gestiti da privati. Se sarò eletto sindaco, applicherò rigorosamente tutte le norme in termini di igiene pubblica e di burocrazia per sfavorire il fenomeno».

 

20 Giugno 2017, intervista a Telepace: «Non voglio che i singoli privati speculino su persone che scappano dalle guerre. Ho visto però che diversi comuni turistici, come Santa Margherita, hanno aderito agli Sprar. Non escludo che anche Chiavari possa aderire, per poter destinare queste persone nelle nostre strutture ed avere un determinato potere decisionale. Con gli Sprar, infatti, il Comune non viene bypassato».

 

20 Luglio 2017, Secolo XIX: «Sono favorevole agli Sprar perché consentono di programmare e accogliere i migranti con vantaggi per loro e per la città che li accoglie. Spero che questo sistema si possa integrare con i Cas».

 

25 Luglio 2017, intervista a TWebNews: «So dalle agenzie immobiliari che i chiavaresi non vogliono affittare gli appartamenti ai migranti. Ne sono molto contento. Preferiamo evitare problemi di ordine pubblico».

 

26 Luglio 2017, Secolo XIX: «Aderire allo Sprar? Voglio prima vedere i bandi della Prefettura di settembre. Non sono ancora convinto che si tratti della scelta giusta».

 

26 Luglio 2017, comunicato stampa del Comune: «Ho chiesto di lasciare l’immobile di via Vinelli nella disponibilità del Comune e che avrei garantito la collocazione dei quattro migranti presso il Centro Benedetto Acquarone».

 

Come sappiamo dalle cronache, il Prefetto ha poi respinto questa soluzione. E per Chiavari non si parla di «quattro migranti», come sostiene Di Capua, ma di circa 120.

Abbiamo voluto riportare questa serie di dichiarazioni, tutte vere e verificabili, perché siamo convinti che questo atteggiamento altalenante da parte del sindaco non abbia certo agevolato la soluzione del problema. Il dottor Di Capua, anche somaticamente, ci ricorda il manzoniano Don Abbondio: un vaso di coccio in mezzo a tanti vasi di ferro. Solo così ci spieghiamo le sue posizioni via via modificate, la sua completa e grave superficialità, la sua inesistente capacità di approfondimento. Abbiamo anche letto: «Il Prefetto mi aveva assicurato che l’estate sarebbe passata tranquilla», nonostante migliaia di persone sbarchino ogni giorno sulle nostre coste.

Francamente, non ci spieghiamo, se non per motivi di opportunità personali, un atteggiamento così ondivago. Non dimentichiamo che, il 19 Aprile 2017, Di Capua campeggiava su un manifesto con una foto di persone in stato di indigenza e un’enorme croce sopra. E i primi a stigmatizzare questo episodio furono proprio i suoi attuali alleati di Partecipattiva! Non dimentichiamo neppure un post del 15 Novembre 2016 del suo attuale assessore Ratto, che con la sua consueta moderazione scriveva «basta finti profughi, dichiariamo guerra agli islamici».

Riteniamo che, indipendentemente dalla gravità del problema e dalle responsabilità che può avere una pubblica amministrazione cittadina nella gestione di un fenomeno di portata internazionale, un simile atteggiamento non sia stato d’aiuto: in quanto sinonimo di scarsa preparazione, di poca serietà, di nessun peso politico, né istituzionale. Noi, ora come in campagna elettorale e nel periodo del nostro mandato, ci siamo sempre detti contrari agli Sprar proprio perché sapevamo che sarebbe finita così. Ancora una volta non ci eravamo sbagliati.

Chiediamo al sindaco Marco Di Capua e a tutta la sua maggioranza di prendere una posizione chiara e definita, una volta per tutte. Auspichiamo che il vaso di coccio, rimesso insieme di volta in volta con la colla più opportuna, sappia farsi valere un po’ di più tra i tanti vasi di ferro (seppur arrugginiti) del suo schieramento.